Restauro e Ceroplastica
Perché un laboratorio ceroplastica?
La produzione di ex voto in cera costituì sino alla fine dell’ottocento, la principale voce di reddito del ceroplasta. Successivamente, la rivoluzione industriale e l’avvento nel novecento di nuovi materiali per la realizzazione di manufatti (come la plastica) segnò il tramonto di un’arte che per secoli aveva dato lavoro a tanti artigiani e artisti.
Le botteghe cinquanta botteghe di ” Bamminiddari” (creatori di Bambinelli) presenti a Palermo alla fine dell’Ottocento, sparirono una dopo l’altra.
Da quel momento, per l’assenza di operatori del settore, le cere rotte o ammalorate da restaurare e recuperare furono buttate e disperse, distruggendo così un patrimonio culturale insostituibile per la lettura della storia e delle tradizioni popolari della Sicilia.
Alla luce di tutto questo, l’associazione “Museo del Giocattolo e delle Cere Pietro Piraino” ha maturato sin dall’inizio l’idea di inserire all’interno della struttura del museo un laboratorio per il restauro e la produzione dei manufatti in cera, per mantenere via questa tradizione che rappresenta un vero e proprio patrimonio della nostra isola.
Creare una scultura in cera non è opera da poco. In primo luogo, infatti, bisogna essere scultori e possedere una profonda conoscenza dell’anatomia umana e delle tecniche relative alla modellatura della creta e della creazione delle forme in gesso.
Si inizia col creare la scultura in argilla, che viene poi sezionata al fine di facilitare la realizzazione di forme al negativo in gesso; in fine , per colata, da queste ultime si ottengono i vari pezzi in cera che dovranno essere assemblati e rifiniti a mano.
Infine, avviene la sistemazione in un contesto scenografico da realizzarsi con l’ausilio di sughero, cera, gesso e cartapesta, per poi collocare il tutto all’interno di campane di vetro, teche o scarabattole per una maggiore protezione e durata nel tempo.
La ceroplastica in Sicilia
L’arte di lavorare la cera per creare immagini tridimensionali, sacre o profane che sia, si perde nella notte dei tempi.
Tale tecnica artistica era già conosciuta dagli Egizi, dai Fenici e dai Romani che la utilizzavano per creare amuleti e basi per la fusione di oggetti in oro (gioielli, monete ecc.).
Dal paganesimo delle maggiori civiltà mediterranee alla sacralità dell’iconografia cristiana il repertorio devozionale si è arricchito di infinite raffigurazioni utilizzando questo duttile materiale col quale scultori noti e non, artisti spontanei e botteghe artigiane si sono confrontati.
Nel 1400, a Firenze prosperava una grande scuola famosa e invidiata di ceroplastica che all’inizio produceva essenzialmente ex voto e che passò a partire dal 1600 alla produzione di modelli scientifici, soprattutto anatomici (poiché la Chiesa impediva l’uso di cadaveri per lo studio dell’anatomia) garantendo così un materiale didattico di impressionante verosimiglianza.
Nel corso del tempo la ceroplastica è stata considerata arte minore e una forma di artigianato di gusto popolare. Ma è da pochi anni che si è iniziato a riscoprire le peculiarità di questa antica tecnica scultorea dandole valenza artistica e dignità pari a quelle storiche del bronzo e del marmo.
Nei secoli passati la Sicilia era suddivisa in zone di espressione ciascuna con caratteristiche e modalità di rappresentazione sensibilmente diverse e di immediata individuazione, all’interno delle quali operavano artisti di conclamate capacità.
Nel messinese il Russello, nel siracusano lo Zummo autore delle famose cere sulla peste, a Palermo Gabriele Marino, Giovanni Lanza e Anna La Fortino.
Nel trapanese, dove la lavorazione del corallo e della madreperla la facevano da padroni, la ceroplastica si caratterizzò per un aspetto più popolare di ingenuità naif.
Parlando di ceroplastica naturalmente la materia prima è la cera d’api, alla quale vengono aggiunte alcune sostanze naturali che sono in grado di innalzarne il punto di fusione (anche oltre i 50°), per garantirne così la conservazione, o semplicemente per variarne la colorazione o l’elasticità.
Inizialmente, in Sicilia, l’uso della cera d’api era destinato alla realizzazione degli ex voto, sulla scia della vecchia concezione contrattualistica Cristiana del do ut des: ti dono perché Tu mi dia o perché mi hai già dato.
La cultura legata alla Religione Cristiana si fonda moltissimo sull’ambivalenza e contrapposizione dei concetti di tenebre e di luce, di vita e di morte assimilabili all’elemento Cera che, bruciata, si liquefà e sparisce, raccordandosi al concetto di disfacimento e di morte: di contro, se riusata e manipolata per assumere nuove forme, si ricollega al concetto di rinascita e di creazione; non più opera di Dio, ma dell’uomo.
Funzione scaramantica, quindi, e apotropaica.
La tua capsula del tempo…
Dove siamo
Il Museo del Giocattolo e delle Cere “Pietro Piraino” si trova in
Via Dietro La Certosa s.n.c.
90011 Bagheria, Città Metropolitana di Palermo
Quando ti aspettiamo
Il museo ti aspetta dal martedì al sabato dalle ore 09:00 alle 12:30.
Ricordiamo a tutti i nostri visitatori, grandi e piccini che il Museo resterà chiuso nei giorni festivi (ogni eccezione sarà comunicata tempestivamente su tutti i nostri canali) e dal 16 al 28 agosto.
La Domenica puoi prenotare una visita privata del Museo, per gruppi di almeno 10 persone.
Contatti
Per informazioni e prenotazioni:
Email: museodelgiocattolo@museodelgiocattolo.org
Telefono: +39 091943020
Mobile: +39 3665932714
Sponsor e Patrocini
Regione Siciliana
Comune di Bagheria (PA)
UNICEF